Le manifestazioni più
impegnative da un punto di vista economico – da una quindicina di anni a questa
parte – sono delle serate in cui sono premiati personaggi dello spettacolo e
della cultura. Si prende qualcuno famoso che casomai, non sia mai capitato da
queste parti e gli si offre una targa o una medaglia; ci s’illude – da una quindicina
di anni – che la sua presenza abbia almeno delle ricadute d’immagine sul paese
che lo ospita, per qualche ora. Tutto ciò deriva probabilmente da una forma di
pensiero magico secondo cui un personaggio conosciuto soffermandosi in un posto,
ceda un po’ della sua fama suoi abitanti o forse dall’usanza di molti personaggi
locali di far sapere in giro, dell’esposizione di due loro acquerelli nella
canonica di Selargius o che il paio di cartelle composte su un poeta a dir poco
minore, appariva in un ciclostilato di Andalo. (Nel secondo caso: premiando
Alessandro Gassman, ci si aspetta che lui faccia pubblicare la notizietta che
lo riguarda dai quotidiani nazionali che hanno sede nella Capitale). La storia
invece c’insegna che una città – generalmente – si consolida, cresce e si fa
conoscere in giro per ciò che produce
e mette in circolazione. (Una strada vicinale diviene un’arteria per consentire
un flusso adeguato alla quantità di merci licenziate). Nessun posto al mondo
diviene famoso per il suo consumo di camembert,
ombrelli, quotidiani, bourbon o CD dei
Green Day mentre è più facile legare il nome di una città a un manufatto che la
riguarda (edificio, lardo, rovine, profumo, vino, eccetera). (Che fine ha fatto
la «patata di Avezzano» – alla cui produzione i coltivatori avezzanesi
contribuiscono in modo marginale?). C’è anche una variante rappresentata dalla
premiazione anche di «glorie» locali. Essa serve a stringere i rapporti tra organizzatori
e premiati, tra amministratori e invitati, a tessere legami tra le diverse
generazioni di un posto. (La differenza tra i centri maggiori e i piccoli paesi
consiste nel fatto che ci si divide per conventicole – in cui si entra per
cooptazione –, mentre si fa gruppo dove si vive in pochi. Il reciproco pubblico
incensamento tra appassionati – anche in campi diversi – possiede un’identica
caratteristica: ci si sbrana in privato. «Più che un pittore, X è un fumettaro mancato», «Ci vuole
poco a sporcare la carta come Y, a
forza di scrivere da una vita le stesse quattro cose»). Ho l’impressione che si
faccia caso a qualcosa che somiglia alla marca, più che al prodotto cui ci si
riferisce; si riconosce una persona –
nel senso di maschera – più che la sua opera un po’ perché scarseggiano – a dir
poco – le capacità critiche e un altro po’ perché non ci si vuol inimicare
nessuno, soprattutto a livello locale. Entrandoci poco il prodotto (teatrale, letterario,
musicale, cinematografico, eccetera) tali iniziative finiscono per non lasciar traccia
nei paesi dove si svolgono: giusto le foto di rito con ospite, organizzatore e sindaco.
Il taglio dello spettacolo è generalmente di tipo televisivo e perciò si evita
il latinista di una certa età e spessore o lo scienziato che passa molto tempo
in laboratorio e perciò fuori dalle faccende quotidiane – si comporta e veste
in modo informale. In tali circostanze, non si lascia parlare a briglia sciolta
il soggetto premiato, si fa intervistare lo stesso da qualcuno capace, s’invita
a tenere una lezione, una conferenza, un workshop;
a sfoggiare le sue capacità – come avviene altrove. (Ciò che è avvenuto ad
Avezzano oltre vent’anni fa con Jazz on – con l’aggiunta delle jam session notturne). 7/8
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