martedì 8 settembre 2015

Cross over


Le manifestazioni più impegnative da un punto di vista economico – da una quindicina di anni a questa parte – sono delle serate in cui sono premiati personaggi dello spettacolo e della cultura. Si prende qualcuno famoso che casomai, non sia mai capitato da queste parti e gli si offre una targa o una medaglia; ci s’illude – da una quindicina di anni – che la sua presenza abbia almeno delle ricadute d’immagine sul paese che lo ospita, per qualche ora. Tutto ciò deriva probabilmente da una forma di pensiero magico secondo cui un personaggio conosciuto soffermandosi in un posto, ceda un po’ della sua fama suoi abitanti o forse dall’usanza di molti personaggi locali di far sapere in giro, dell’esposizione di due loro acquerelli nella canonica di Selargius o che il paio di cartelle composte su un poeta a dir poco minore, appariva in un ciclostilato di Andalo. (Nel secondo caso: premiando Alessandro Gassman, ci si aspetta che lui faccia pubblicare la notizietta che lo riguarda dai quotidiani nazionali che hanno sede nella Capitale). La storia invece c’insegna che una città – generalmente – si consolida, cresce e si fa conoscere in giro per ciò che produce e mette in circolazione. (Una strada vicinale diviene un’arteria per consentire un flusso adeguato alla quantità di merci licenziate). Nessun posto al mondo diviene famoso per il suo consumo di camembert, ombrelli, quotidiani, bourbon o CD dei Green Day mentre è più facile legare il nome di una città a un manufatto che la riguarda (edificio, lardo, rovine, profumo, vino, eccetera). (Che fine ha fatto la «patata di Avezzano» – alla cui produzione i coltivatori avezzanesi contribuiscono in modo marginale?). C’è anche una variante rappresentata dalla premiazione anche di «glorie» locali. Essa serve a stringere i rapporti tra organizzatori e premiati, tra amministratori e invitati, a tessere legami tra le diverse generazioni di un posto. (La differenza tra i centri maggiori e i piccoli paesi consiste nel fatto che ci si divide per conventicole – in cui si entra per cooptazione –, mentre si fa gruppo dove si vive in pochi. Il reciproco pubblico incensamento tra appassionati – anche in campi diversi – possiede un’identica caratteristica: ci si sbrana in privato. «Più che un pittore, X è un fumettaro mancato», «Ci vuole poco a sporcare la carta come Y, a forza di scrivere da una vita le stesse quattro cose»). Ho l’impressione che si faccia caso a qualcosa che somiglia alla marca, più che al prodotto cui ci si riferisce; si riconosce una persona – nel senso di maschera – più che la sua opera un po’ perché scarseggiano – a dir poco – le capacità critiche e un altro po’ perché non ci si vuol inimicare nessuno, soprattutto a livello locale. Entrandoci poco il prodotto (teatrale, letterario, musicale, cinematografico, eccetera) tali iniziative finiscono per non lasciar traccia nei paesi dove si svolgono: giusto le foto di rito con ospite, organizzatore e sindaco. Il taglio dello spettacolo è generalmente di tipo televisivo e perciò si evita il latinista di una certa età e spessore o lo scienziato che passa molto tempo in laboratorio e perciò fuori dalle faccende quotidiane – si comporta e veste in modo informale. In tali circostanze, non si lascia parlare a briglia sciolta il soggetto premiato, si fa intervistare lo stesso da qualcuno capace, s’invita a tenere una lezione, una conferenza, un workshop; a sfoggiare le sue capacità – come avviene altrove. (Ciò che è avvenuto ad Avezzano oltre vent’anni fa con Jazz on – con l’aggiunta delle jam session notturne). 7/8

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