domenica 21 febbraio 2016

Dicevamo...

Sono stato l’ultimo da queste parti a scrivere sul «caso Di Fabio» e in teoria ho avuto tutto il tempo per scegliere accuratamente la posizione da occupare. È sembrato invece che ho trattato la questione en passant e voglio… confermare tale sensazione a chi l’ha provata per quello che aggiungo oggi.
Nelle situazioni quotidiane, noi utilizziamo dei comportamenti e delle risposte standard facilmente riconoscibili. Come si sarebbe dipanato un «caso Di Fabio» a Perugia, Firenze, Torino, Pavia, Venezia? (Tanto per restare in Italia). Avremmo certo registrato le manifestazioni sdegnate delle associazioni femminili e delle donne di tutti i partiti, le scuse del sindaco ai cittadini, la sfuriata della presidente della commissione Pari opportunità e la richiesta di dimissioni almeno da parte dell’opposizione: quasi l’esatto contrario di ciò che è scorso sotto i nostri occhi, nei giorni passati. (Ho notato le considerazioni di Felicia Mazzocchi, la richiesta di Barbonetti, Gallese, Lamorgese e l’azione di Maria Lucia D’Alò anche se non sono bastate per dirimere la questione). C’entra almeno la cultura politica di una popolazione: siamo più vicini per mentalità al Maghreb che non all’Europa settentrionale ed è inutile nasconderlo.
È stata una questione legata anche alla comunicazione secondo me; è mancato un canale tra le persone o le «parti» e perciò io, avevo suggerito la scorciatoia del ricorso alla Magistratura: un’istituzione che tutti rispettano, ma soprattutto capiscono. Lasciamo decidere un giudice se una frase, un montaggio, un atteggiamento, un’azione è offensiva nei confronti di qualcuno; se è una «goliardata» fuori tempo massimo o invece un’offesa. (È stato nel nostro caso come chiedere intorno al fuoco serale, a un paio di cammellieri dell’Hoggar, di farti la seconda e la terza voce per Helplessly Hoping). È bene fissare un punto fermo in una vicenda che configura una situazione d’incertezza prolungata in cui tutti hanno solo ragione o solo torto, nella nostra città. Un giudizio negativo da parte di un tribunale non danneggerebbe in alcun modo una qualsiasi carriera politica, appunto per il nostro modo d’interpretare la democrazia più vicino alla sponda sud del Mediterraneo che non all’Inghilterra o alla Francia dei Lumi.

(Sono stati accesi dal sito aquilano IlCapoluogo, i riflettori sulla nostra vicenda – potendo interessare).

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