Non avevo mai accennato in
precedenza alla ricostruzione dopo il terremoto e ho preso a farlo in
quell’occasione. (Criticare il Piano del 1916 è come sparare sulla Croce
rossa).
Si poteva ricostruire
Avezzano «com’era, dov’era»? No, perché conservava ancora un impianto
medioevale con i suoi vicoli stretti che in aggiunta seguivano l’andamento
della linea spezzata mentre cominciavano a farsi notare le prime automobili
anche nella Marsica. Era bene perciò tralasciare la città «com’era» e anche
«dov’era»: un numero pari al terzo dei vecchi residenti avrebbe avuto
difficoltà a vivere dentro il perimetro della città vecchia secondo gli
standard di allora. (Si può ancora utilizzare la sua pianta cancellata, secondo
la mia tesi di laurea). Verso dove espandere la città? Non vi era altra scelta
che puntare verso un tema collettivo che sarebbe certo rimasto nello stesso
posto anche dopo la ricostruzione: la stazione ferroviaria. È stato perciò
tracciato un asse principale che collegava l’edificio più rilevante (municipio
– distrutto) con la stazione ferroviaria (altrettanto distrutta). Fu poi
aggiunta partendo dalla stazione via Montello – via G. Garibaldi già partiva
dallo stesso posto, da cui: il tridente. La cosiddetta maglia quadrata è
originata dalla rotazione della piazza più importante, posta sull’asse
principale mentre era sufficiente un compasso per le strade più vicine alla
stazione.
Detto piano non copriva
tutto il territorio comunale ed è questo il suo difetto principale – che ha
dato la stura a ogni genere di abusivismo. (Sorvolo sugli altri cui ho
accennato durante la serata come il trattamento del perimetro del vecchio
centro, il recupero della viabilità preesistente se non degli assi della
centuriazione e poco altro). Ho contrapposto in qualche modo la città
ricostruita in presenza e in assenza delle autorità centrali. Può interessare o
no il piano regolatore, ma aveva una sua dignità: in fondo, basta l’asse
principale e la piazza a orientare la ricostruzione.
Si è poi trattato di
pensare e costruire gli isolati una volta tracciata la maglia: come ci si
comporta in Europa? Si lasciano gli spazi per i temi collettivi, lungo le
strade più importanti in attesa di colmarli una volta giunti i fondi necessari.
Gli avezzanesi da soli invece? Era necessario perimetrare qualche altro spazio
lungo l’asse principale da riempire in seguito, oltre alle poste e alla
cattedrale in piazza Risorgimento. (Era da risparmiarsi la licenza poetica
dell’arretramento del liceo A. Torlonia dall’allineamento delle facciate lungo
via G. Marconi). Bisognava compiere la stessa operazione almeno lungo via G.
Garibaldi, vista la posizione di via Montello. (Soprattutto non ci voleva molta
scienza e fatica per ruotare il tribunale di 90° e sistemare la sua entrata
lungo via Garibaldi).
Ho anche schizzato a
pennarello qualche linea su un pannello per far comprendere quanto fosse facile
per gli avezzanesi impostare i nuovi quartieri ed evitare la periferia informe
che oggi ci ritroviamo: era sufficiente proporre il tridente anche nella zona
di espansione nord. Era comodo prolungare una o due strade qualsiasi del centro
nelle diverse direzioni e ricavare una piazzetta dopo un centinaio di metri:
tale semplice operazione avrebbe impostato al meglio la sistemazione delle
nuove costruzioni e avrebbe fatto pensare ai servizi di quartiere.
È stato depotenziato e poi sfasciato
uno schema: solo nichilismo?
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