martedì 23 febbraio 2016

La serata del 19

Non avevo mai accennato in precedenza alla ricostruzione dopo il terremoto e ho preso a farlo in quell’occasione. (Criticare il Piano del 1916 è come sparare sulla Croce rossa).
Si poteva ricostruire Avezzano «com’era, dov’era»? No, perché conservava ancora un impianto medioevale con i suoi vicoli stretti che in aggiunta seguivano l’andamento della linea spezzata mentre cominciavano a farsi notare le prime automobili anche nella Marsica. Era bene perciò tralasciare la città «com’era» e anche «dov’era»: un numero pari al terzo dei vecchi residenti avrebbe avuto difficoltà a vivere dentro il perimetro della città vecchia secondo gli standard di allora. (Si può ancora utilizzare la sua pianta cancellata, secondo la mia tesi di laurea). Verso dove espandere la città? Non vi era altra scelta che puntare verso un tema collettivo che sarebbe certo rimasto nello stesso posto anche dopo la ricostruzione: la stazione ferroviaria. È stato perciò tracciato un asse principale che collegava l’edificio più rilevante (municipio – distrutto) con la stazione ferroviaria (altrettanto distrutta). Fu poi aggiunta partendo dalla stazione via Montello – via G. Garibaldi già partiva dallo stesso posto, da cui: il tridente. La cosiddetta maglia quadrata è originata dalla rotazione della piazza più importante, posta sull’asse principale mentre era sufficiente un compasso per le strade più vicine alla stazione.
Detto piano non copriva tutto il territorio comunale ed è questo il suo difetto principale – che ha dato la stura a ogni genere di abusivismo. (Sorvolo sugli altri cui ho accennato durante la serata come il trattamento del perimetro del vecchio centro, il recupero della viabilità preesistente se non degli assi della centuriazione e poco altro). Ho contrapposto in qualche modo la città ricostruita in presenza e in assenza delle autorità centrali. Può interessare o no il piano regolatore, ma aveva una sua dignità: in fondo, basta l’asse principale e la piazza a orientare la ricostruzione.
Si è poi trattato di pensare e costruire gli isolati una volta tracciata la maglia: come ci si comporta in Europa? Si lasciano gli spazi per i temi collettivi, lungo le strade più importanti in attesa di colmarli una volta giunti i fondi necessari. Gli avezzanesi da soli invece? Era necessario perimetrare qualche altro spazio lungo l’asse principale da riempire in seguito, oltre alle poste e alla cattedrale in piazza Risorgimento. (Era da risparmiarsi la licenza poetica dell’arretramento del liceo A. Torlonia dall’allineamento delle facciate lungo via G. Marconi). Bisognava compiere la stessa operazione almeno lungo via G. Garibaldi, vista la posizione di via Montello. (Soprattutto non ci voleva molta scienza e fatica per ruotare il tribunale di 90° e sistemare la sua entrata lungo via Garibaldi).
Ho anche schizzato a pennarello qualche linea su un pannello per far comprendere quanto fosse facile per gli avezzanesi impostare i nuovi quartieri ed evitare la periferia informe che oggi ci ritroviamo: era sufficiente proporre il tridente anche nella zona di espansione nord. Era comodo prolungare una o due strade qualsiasi del centro nelle diverse direzioni e ricavare una piazzetta dopo un centinaio di metri: tale semplice operazione avrebbe impostato al meglio la sistemazione delle nuove costruzioni e avrebbe fatto pensare ai servizi di quartiere.

È stato depotenziato e poi sfasciato uno schema: solo nichilismo?

Nessun commento:

Posta un commento