Dopo aver sentito la botta,
ho acceso come ormai d’abitudine il computer – domenica sera alle ventidue. Ho
atteso una decina di minuti per veder apparire qualcosa sul maggiore e più
vicino a noi, in senso geografico, sito d’informazione (Repubblica) ma niente – l’hanno sistemato in seguito ma sotto la
cronaca su Livorno; sono poi passato a quello dell’Ingv e anche lì, mancavano indicazioni
a me utili. Infastidito, ho spento tutto.
Ho trovato qualcosa lunedì
mattina: non era successo niente di grave e ho cercato maggiori informazioni
sul bollettino Ingv. Vi era stato un terremoto dalle parti di Scurcola
Marsicana, cui era stata assegnata una magnitudo 3,7; il tutto si era prodotto
a otto chilometri di profondità.
Ho poi dato una scorsa ai
siti locali, uno che non nomino esordiva così: «Prima il forte vento e poi la
scossa»; mi ha ricordato un racconto
sul terremoto del 1915.
Si registravano ventate da
almeno un paio di giorni nella zona e chi si sposta a piedi come il
sottoscritto lo sa bene; si avvicina l’autunno d’altra parte. (Tutto il vento
che prendevo in montagna nel giro di un anno da giovane, sarebbe stato
sufficiente a devastare molte volte la Marsica, l’Alto Sangro e l’Aquilano. La
mia «aria da terremoto» per come l’ho appresa da ragazzo in queste parti, è
legata invece a una condizione di luce strana per un determinato momento della
giornata e per… l’aria immota – anche per il silenzio in giro, ma quello
dipende dal numero dei mezzi e delle persone in circolazione. È inutile
aggiungere che in quelle circostanze non si registravano mai scosse sismiche di
sorta) Ho pensato immediatamente a tutti quei santi geologi che si sgolano da
anni a spiegare nella nostra zona com’è fatta e come funziona la Terra – inascoltati,
incompresi.
(Qualcun altro invece –
senza fare nomi, anche in questo caso – ha esordito con: «Sono le 21.58 quando il
boato che in tanti conoscono precede la scossa»; per dirla con il menestrello
di Duluth: ‘I heard the sound of a thunder | That roared out a warning’).
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