Qualcuno non ha capito bene
uno o più passaggi del post precedente, riprendo. (È nel frattempo spuntata la
vicenda del barbecue in piazza G.
Matteotti, provo a trattarla allo stesso modo nei prossimi giorni).
Mi sono chiesto a un certo
punto: i rituali legati alla pioggia funzionavano? Nel senso: dopo una messa,
una processione e qualcosa d’altro iniziava
a piovere? (In alcuni casi essi si tenevano a una data ben precisa
dell’anno, poco prima dell’arrivo previsto delle piogge). Lo ignoro ma ritengo
di no, potevano passare due, tre, quattro giorni o una settimana prima di
vedere la prima goccia d’acqua cadere a terra: la Natura proseguiva il suo
corso incurante e non potendo percepire le preoccupazioni degli umani e degli
altri animali.
Però la messa, le candele
accese, la comunione, le preghiere e anche qualche rituale derivante dal
paganesimo erano essi degli elementi che servivano
a qualcosa. Adesso mi spiego meglio. Che succede a una comunità in un
momento di difficoltà economica? La prospettiva di un raccolto mancato allontana
ogni buona intenzione dalla mente di chi è abituato a vendere a credito che so:
un chilo di lana, la lama di un coltello, un pezzo di lardo; è anche poco
conveniente qualsiasi gesto di solidarietà nei confronti di chi ha bisogno. Il
gruppo, il paese tende perciò a disgregarsi. Durante tali rituali si
rinsaldavano i rapporti tra gli abitanti del borgo e diveniva perciò più
difficoltoso negare il credito alla persona che avevi avuto al fianco durante
la funzione o la processione. (Ho scritto di recente che il sacerdote doveva la
sua autorevolezza alla cura delle anime: la situazione era più complicata come
si è visto).
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