Qualcuno ha pescato la
questione del modo di trattare le
vicende cittadine, nell’ultimo post. Nel caso particolare vi sono diverse
persone che provano a raccontare alcune questioni d’Avezzano – soprattutto quelle
poco o per niente rilevanti –, ma lo fa male e in maniera interessata. Scrissi
a suo tempo di seguire la cronaca di tre o quattro grosse città italiane, più
dei siti locali delle stesse che provano a trattarne dettagliatamente alcuni
loro problemi.
Io prendo come esempio la
Capitale per motivi di tipo geografico e di relazione: è a cento chilometri di
distanza e un po’ tutti abbiamo qualche parente, amico o conoscente da quelle
parti. (La cronaca locale di IlMessaggero,
Repubblica, Corriere è mediamente migliore della nostra). Molti, conosceranno
certo RomaFaSchifo poi ve n’è un
altro, tra i tanti: DiarioRomano. La
differenza principale tra i siti citati e ciò che passa il nostro convento è il
pensiero astratto. Da noi vi sono
leoni da tastiera che pubblicano una foto con didascalia su Facebook, tanto poi
sono gli altri a inserirla in una cornice interpretativa – sperando che sia la
stessa di chi ha immesso tale documento nel web. Si tratta di smuovere delle emozioni in ogni modo. (Dieci, quindici
anni fa succedeva proprio così ovunque, poi però vi è stata un’evoluzione). Le
testate locali riprendono tutto di quando in quando, senza fare una piega. Nei due
siti romani il testo in un post, è l’elemento preponderante rispetto al resto
(foto, tabelle, video, grafici, documenti); si tratta di sviscerare una
questione e ciò richiede dei pezzi generalmente lunghi. S’incontrano
ragionamenti, elucubrazioni, argomentazioni e riflessioni insieme a molti
materiali: tutto da smontare, analizzare, vagliare per costruirsi una propria
idea da parte di chi legge. Occorre molto tempo per scrivere determinati post e
fatica per scorrerli fino in fondo da parte di chi legge – ci vuole sentimento
nei due casi. (Non è in ogni modo una passeggiata scrivere di trasporti
pubblici, ambulanti, smaltimento dei rifiuti, cartelloni e municipalizzate in
una città tanto estesa e caotica).
In fondo: che cosa ci suggerisce,
a che fa pensare, in qual modo c’illumina l’immagine del sacchetto di rifiuti
fuori posto o del signore che piscia per strada alle tre di notte? (Mai che a
tali leoni da tastiera capiti di fotografare qualcuno che sversi liquami
tossici – alle tre di notte, s’intende –, né tanto meno una costruzione abusiva
che sta ferma nello stesso posto, da anni). Tali atti nascondono sovente del
rancore nei confronti di un consigliere comunale che non ti ha favorito, l’invidia
per la moglie bona del dirimpettaio,
una vendetta per un torto subito da un negoziante, dell’odio nei confronti di una
categoria sociale. Seguendo i siti citati ci si accorge invece che diversi romani
stanno parlando della loro città, di
una collettività e non del loro orticello o delle loro miserie. Roma è migliore
di noi anche per questo.
Che cosa produce una serie
di dati, d’informazioni? Può far intravvedere dei cambiamenti, immaginare dei
nuovi scenari. L’alluvione di emozioni invece? Produce niente nel breve periodo
mentre in quello medio richiede nuove emozioni e più intense delle precedenti.
(La politica è appena
rientrata dalle ferie ma dovrà ben presto occuparsi delle Politiche nella
primavera prossima)
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