domenica 10 settembre 2017

Les Frustrés

Qualcuno ha pescato la questione del modo di trattare le vicende cittadine, nell’ultimo post. Nel caso particolare vi sono diverse persone che provano a raccontare alcune questioni d’Avezzano – soprattutto quelle poco o per niente rilevanti –, ma lo fa male e in maniera interessata. Scrissi a suo tempo di seguire la cronaca di tre o quattro grosse città italiane, più dei siti locali delle stesse che provano a trattarne dettagliatamente alcuni loro problemi.
Io prendo come esempio la Capitale per motivi di tipo geografico e di relazione: è a cento chilometri di distanza e un po’ tutti abbiamo qualche parente, amico o conoscente da quelle parti. (La cronaca locale di IlMessaggero, Repubblica, Corriere è mediamente migliore della nostra). Molti, conosceranno certo RomaFaSchifo poi ve n’è un altro, tra i tanti: DiarioRomano. La differenza principale tra i siti citati e ciò che passa il nostro convento è il pensiero astratto. Da noi vi sono leoni da tastiera che pubblicano una foto con didascalia su Facebook, tanto poi sono gli altri a inserirla in una cornice interpretativa – sperando che sia la stessa di chi ha immesso tale documento nel web. Si tratta di smuovere delle emozioni in ogni modo. (Dieci, quindici anni fa succedeva proprio così ovunque, poi però vi è stata un’evoluzione). Le testate locali riprendono tutto di quando in quando, senza fare una piega. Nei due siti romani il testo in un post, è l’elemento preponderante rispetto al resto (foto, tabelle, video, grafici, documenti); si tratta di sviscerare una questione e ciò richiede dei pezzi generalmente lunghi. S’incontrano ragionamenti, elucubrazioni, argomentazioni e riflessioni insieme a molti materiali: tutto da smontare, analizzare, vagliare per costruirsi una propria idea da parte di chi legge. Occorre molto tempo per scrivere determinati post e fatica per scorrerli fino in fondo da parte di chi legge – ci vuole sentimento nei due casi. (Non è in ogni modo una passeggiata scrivere di trasporti pubblici, ambulanti, smaltimento dei rifiuti, cartelloni e municipalizzate in una città tanto estesa e caotica).
In fondo: che cosa ci suggerisce, a che fa pensare, in qual modo c’illumina l’immagine del sacchetto di rifiuti fuori posto o del signore che piscia per strada alle tre di notte? (Mai che a tali leoni da tastiera capiti di fotografare qualcuno che sversi liquami tossici – alle tre di notte, s’intende –, né tanto meno una costruzione abusiva che sta ferma nello stesso posto, da anni). Tali atti nascondono sovente del rancore nei confronti di un consigliere comunale che non ti ha favorito, l’invidia per la moglie bona del dirimpettaio, una vendetta per un torto subito da un negoziante, dell’odio nei confronti di una categoria sociale. Seguendo i siti citati ci si accorge invece che diversi romani stanno parlando della loro città, di una collettività e non del loro orticello o delle loro miserie. Roma è migliore di noi anche per questo.
Che cosa produce una serie di dati, d’informazioni? Può far intravvedere dei cambiamenti, immaginare dei nuovi scenari. L’alluvione di emozioni invece? Produce niente nel breve periodo mentre in quello medio richiede nuove emozioni e più intense delle precedenti.

(La politica è appena rientrata dalle ferie ma dovrà ben presto occuparsi delle Politiche nella primavera prossima)

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