Si è discusso in questo periodo di
festività tra amici di come amministrare un comune; i trasporti e i servizi che
potrebbero essere migliorati soprattutto nelle grandi città, la raccolta dei
rifiuti e la sporcizia – soprattutto chi abita a Roma –, le tasse troppo alte
per chi le paga in un agglomerato che veleggia verso il milione d’abitanti. Chi
abita fuori, non ha minimamente accennato al restyling dell’immagine o del ruolo della città in cui egli vive:
quello è un trip nato e sviluppato in
queste parti, un posto in cui risiedono quattro gatti, nella periferia della
Penisola – costa niente sognare, d’accordo. Un sindaco in fondo che deve fare? Deve
provvedere per evitare le interruzioni dell’acqua potabile, le fognature
intasate; deve assicurare la costante manutenzione delle strade e del verde,
una distribuzione ottimale dei servizi – asili-nido aperti almeno per otto ore.
Al cittadino medio interessa principalmente questo, non la star del cosiddetto belcanto, della danza, del teatro classico:
basta spostarsi altrove come ho fatto io fino ai miei quarant’anni, per
trovarseli davanti agli occhi. Mi sono raramente lamentato per la modestia della
proposta culturale dalle mie parti, tale è stato il disinteresse per ciò che
passava il convento.
(Passo al resto). Più di uno – non io,
è bene precisare – ha notato una novità in questo periodo. Siamo abituati da
decenni alle manifestazioni organizzate dal Comune e dirette a masse cospicue
di persone; nell’ultimo scorcio del 2017 si è assistito invece a eventi per «gli
amici e i parenti» – di chi ne è protagonista. Mi capita spesso di usare il
termine circenses: non è un problema
finché il popolino riesce a utilizzarli in qualche modo o risponde con il suo interesse.
Mi sta bene tutto ciò; nel nostro caso pare ad alcuni che non si è avuta né il
tipo di manifestazione per i pochi eletti – non se ne fanno dalle nostre parti
–, né quella per le masse poco o per niente acculturate.
(Un sassolino nello scarpone). Sono
stato contrariato dal fatto che alcuni organizzatori hanno giustificato, spiegato,
trovato ragioni al cartellone natalizio – un dettaglio si dirà. (Altro che «gli
artisti si riprendono Avezzano nel segno del Natale», secondo un titolo di AvezzanoInforma del 7 dicembre 2017).
L’oggetto in questione – è bene rimarcarlo – è una serie di feste per di più secolari che riguardano almeno un Homo sapiens su sei,
certo non una sconosciuta quanto oscura composizione di I. Xenakis o un incomprensibile
quadro mai mostrato in giro di A. Reinhardt. Dice molto però al sottoscritto,
tale dettaglio.
«evento natalizio all’insegna della
tradizione cattolica», in Luminarie,
musica, mostre e tante sorprese. Ecco il Natale 2017 del Comune di Avezzano,
in «MarsicaLive» 8 dicembre 2017. La political
correctness in cui siamo tutti immersi – nel bene, nel male – da decenni mi
fa domandare immediatamente: gli altri cristiani invece? (Mi riferisco alla
galassia delle chiese protestanti – l’aggettivo non è dei più felici ma è abbastanza
efficace). Sarebbe stato utile a mio avviso, spiegare da parte degli
organizzatori, considerando che ci tenevano, il nesso tra le bancarelle – per
quanto si trattasse di stand – con il Natale dei cattolici. Non parlo di
cattolici qualsiasi, ma di quelli avezzanesi negli ultimi quarantanove anni.
Io sono insofferente, per questioni
anagrafiche, al termine tradizione. I più giovani possono invece registrare che
sovente si abusa nell’utilizzo di «tradizione» e «tradizionale», riferito a
usanze recenti o locali. Il kilt per
esempio, non è un indumento tradizionale
scozzese risalendo al Settecento; bisognerà aspettare ancora qualche altro
secolo per definirlo tale. Un presepe ad Avezzano rimane esposto meno della
metà del tempo che uno a Napoli, a conti fatti – ne parlava in un’intervista di
Marco Belpoliti il maestro Roberto De Simone. È cambiato il presepe napoletano,
perché sono mutati sia la società sia il suo immaginario; è avvenuto tutto nel
giro di un paio di generazioni.
Tralascio il resto ma riporto questo
brano nello stesso pezzo: «L’incontro di Dio con il popolo si manifesta proprio
nell’agorà, in piazza». (Non ha tuttavia risparmiato le prevedibili critiche all’Amministrazione
da parte dell’opposizione, tale dispiegamento ideologico).
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