(La presentazione). Le relazioni sono
state molto sentite; mi soffermo sulla discussione che è stata di tipo
politico: cittadini con mentalità certo diverse che discutono di un argomento,
guardandosi negli occhi.
È stato interessante il dibattito che
ha registrato interventi e domande da parte di persone che appartengono a tre
diverse generazioni. È spuntata la solita domanda che mi è rivolta in simili
occasioni: che cosa prevedo, quale fine per Avezzano? È una bella domanda perché
implica il futuro in qualche modo e anche la consapevolezza che le città non
sono eterne. È opportuno però chiedersi secondo me: come ha fatto a resistere Homo
sapiens da queste parti negli ultimi 40mila anni? Bisogna partire proprio
da questo «come». Io ho proposto la solita ricetta per evitare ad Avezzano di spopolarsi
(industria + agricoltura + collegamenti con la Capitale); essa è frutto di
qualcosa che sta tra la saggezza e il buonsenso: la questione è in realtà più
complicata di come la metto io comunemente e vi è bisogno di un lavoro teorico
mai tentato prima. (Servono studiosi capaci e motivati più degli imbrattacarte
del posto).
Ho insistito sul ruolo dei collegamenti
anzi, sui flussi – ti ci trovi immerso o li produci in qualche maniera. È
circolata in una campagna pubblicitaria, per settimane, una foto notturna
dell’Italia scattata da un satellite artificiale. Essa mostra meglio di tante
analisi come funziona la Penisola – dove
si accentrano gli italiani e c’è più vita almeno di notte; l’Appennino rimane
al buio per la maggior parte. Tra alcuni anni, secondo me, l’effetto combinato
tra l’esclusione dal tracciato dell’Alta velocità e la mancanza di una Città
metropolitana, farà della costa abruzzese una zona ancora più buia. (La nostra
costa è la zona più illuminata della Regione, secondo quella foto).
Che fare per rallentare, invertire
questa tendenza? La cosa tragica è che le città abruzzesi che stanno meglio di
noi, i capoluoghi di provincia provano a immaginare un futuro e a brigare per
conseguire un qualche risultato, mentre da noi non si ha uno straccio d’idea
nemmeno per l’immediato. La cronaca ci racconta dell’Abruzzo, della Marsica in
particolare come di una zona che ospita un alto numero di «paracadutati» in
testa alle liste delle prossime Politiche. Tutto ciò vuol dire un paio di cose:
a) la Marsica e Avezzano sono considerate dei territori marginali, b) gli
stessi territori hanno una classe politica da operetta – perdonate la
ripetizione.
Le persone che ho incontrato sotto le
feste natalizie sono pessimiste sul futuro della Marsica; quelli che vivono
fuori dal Vecchio continente ritengono invece, che è l’Europa tutta, avviata al
declino.
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