Ho letto recentemente un pezzo che mi
ha invogliato a ribattere. (F. Proia, Il
prosciugamento del lago del Fucino? Il tassello di un progetto molto ambizioso,
in «MarsicaLive» 10 gennaio 2018). Il progettista del prosciugamento «scrisse
al Re per presentargli un progetto ingegneristico maestoso quanto avveniristico:
congiungere Gaeta a Pescara. […] La cosa incredibile è che il canale che doveva
unire Pescara alle Paludi Pontine [?], doveva passare proprio per il Fucino». Si
trattava, infatti, di «unire il fiume Liri con il Pescara». Mi fermo qui: «questo
progetto potrebbe sembrarci assurdo, ma se ci sbagliassimo?». Provo a
rispondere nonostante le corpose differenze tra il mio mondo (2018) e quello di
Afan De Rivera (1832).
I fiumi interessati dal progetto sono
essi navigabili? La risposta è NO. È spontaneo chiedersi anche: perché? Si può
tentare con successo la carta della portata:
un corso in buona parte navigabile come il Po vede scorrere come minimo 270 mc/sec d’acqua, il Liri
invece solo 5o – nel periodo della piena.
(In breve: i fiumi dell’Appennino sono generalmente deliziosi da percorrere in
kayak ma impraticabili per una barca anche di ridotte dimensioni; c’entra di
mezzo il risicato spazio per il pescaggio dovuto appunto alla portata: di
spostare le merci proprio non se ne parla). Facciamoci intrigare, in seconda
battuta, anche dall’altimetria della
grossa zona interessata dal progetto. Il canale – di là del suo percorso –
passava da 2 m s.l.m. di Gaeta ad almeno 650 m s.l.m. del nostro lago, per poi
precipitare a 4 m s.l.m di Castellammare Adriatico (Pescara). (Il Liri sorge a
1108 metri d’altezza). Tutto ciò spiega anche perché detti fiumi, siano difficilmente
navigabili. È facile a questo punto, immaginare la presenza di salti, strettoie
e curve dovute al dislivello da superare – a «salire» o a «scendere». (B. S.
Fitzgerald faceva svalicare una montagna a un battello, ma si tratta di un film
del 1982). E poi, un conto è risalire controcorrente in una zona quasi pianeggiante
un altro è da queste parti – con i mezzi in dotazione nel 1832.
Il canale è completamente diverso dal
fiume perché artificiale tutto o in parte. (Perché non possiede la complessità di un alveo). Orbene, che
cosa succede quando si addolcisce o si elimina la curva di un corso d’acqua? Quando
invece si scava un alveo per eliminare un salto? Aumentano nei due casi la
velocità e la portata dell’acqua; nel progetto di cui io sto amabilmente
discorrendo tutto ciò avrebbe causato – al netto dell’immane, incalcolabile dissesto idrogeologico innescato – una contrazione
del periodo di piena e l’allungamento di quello di secca. (La portata nel
periodo di secca dell’Aterno-Pescara, ammonta ai nostri giorni a 7 mc/sec). Di
là del fatto che un conto è prelevare un quintale di ghiaia verso la foce del
Po, un altro è la stessa quantità di materiale a una quota di 5-600 metri – è tanto
più criminale quanto più si scava salendo in alto, dove l’ecosistema è più
fragile. È bene anche segnalare che una tale opera avrebbe comportato l’eliminazione
della vegetazione a ridosso delle sponde. (Tralascio ciò che sarebbe avvenuto
tra il lago Fucino e il fiume Pescara).
Oggi un progetto simile fa semplicemente
sorridere considerando le conoscenze scientifico-tecnologiche che possediamo, ma
esso avrebbe avuto una sua rispettabilità fino agli anni Cinquanta del secolo
scorso – questo sì, incredibilmente con il senno di oggi.
Quanto ai vantaggi di tale opera, «A
livello commerciale ci saremmo potuti aspettare gli stessi benefici dell’istmo
di Panama o di Suez», io riporto invece questo: «nei primi 9 mesi del 2017,
sono transitate attraverso il canale 667,8 milioni di tonnellate di merci […].
Sempre nei primi 9 mesi del 2017, sono transitate nel canale di Suez 12.934
navi (di queste circa un terzo sono portacontainer)», in R. de Forcade, Record di traffici nel canale di Suez. Che
batte Panama 4 a 1, in «IlSole24Ore» 31 ottobre 2017. Si tratta di quarantasette navi ogni giorno! (Non ho
ancora capito che cosa dovessero spostare, da Gaeta all’Adriatico e viceversa
ma è una questione mia).
Perché tale progetto non ha visto la
luce? Non ne ho idea ma penso soprattutto per il suo costo sproporzionato – si
trattava d’intervenire su centinaia di chilometri! Un’opera simile avrebbe
danneggiato in modo irreparabile l’economia delle zone interessate,
dell’agricoltura in particolare. La storia umana m’insegna inoltre, che
esistono prima le merci da far viaggiare celermente e poi l’idea d’allargare,
costruire nuovi tracciati.
«ma se ci sbagliassimo?»… Un consiglio disinteressato
ai giovani compaesani che mi leggono: lasciate
questo posto finché siete in tempo. E soprattutto, non pensateci più.
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