domenica 13 ottobre 2019

Der Rand der Wörter

Sono tornato al post scriptum dell’ultima pubblicazione. Si era partiti, con le chiacchiere, dall’operazione militare turca in Siria per arrivare al Nobel per la letteratura a Peter Handke. Ho assistito, sui mass media, allo scatenarsi di opposti estremismi. Da una parte c’era l’Associazione Madri di Srebrenica (contro), dall’altra qualche autorità della Repubblica di Serbia (a favore). Domanda: c’entra qualcosa con la letteratura, uno o entrambi quei soggetti? No.
C’è che cosa in mezzo ai due estremismi? Vi sono almeno le guerre prodotte dalla dissoluzione della Iugoslavia, nei primi anni Novanta. Lo scrittore di Griffen aveva difeso, al suo tempo, dei personaggi che in Europa, in Occidente, noi consideriamo comunemente – senza imbarazzo – dei criminali di guerra. (È rimasto della stessa idea, a dirla tutta).
Ho ignorato per intero, non m’interessa la produzione dell’austriaco su tale argomento; feci lo stesso per gli scritti di Michel Foucault in cui il filosofo di Poitiers mostrava d’apprezzare l’azione del regime degli ayatollah. (Qualcuno penserà: «Volevi ricordarteli in un certo modo…»).
Il retro-pensiero delle Madri e di alcuni artisti che si sono rivoltati contro l’assegnazione del Nobel, è condensato nella formula: «Non si può separare l’arte dalla vita». È proprio così? È sempre così? No, porto qualche esempio personale per quello che può valere – sono io un blogger dopotutto.
Leggendo qualche libro di Louis Althusser, sapevo che tale personaggio aveva già avuto qualche problemino di sanità mentale; il filosofo aveva già ammazzato sua moglie, alla mia età. Ho rinnegato tutto ciò che ho letto di lui? Per niente. Mi fu regalato Essere e tempo, una trentina d’anni fa. L’ho respinto, non l’ho nemmeno sfogliato perché Heidegger – com’è noto –, nutriva più di una simpatia nei confronti del nazismo? Nemmeno per idea. La prima volta che ho avuto sotto gli occhi, un paio di tele di Jackson Pollock, io sapevo da decenni che a lui piaceva alzare il gomito: una pratica ritenuta deleteria dalla società in cui viviamo. Rimasi estasiato davanti a quei pezzi, nonostante quella sua debolezza. Lascio immaginare l’enorme quantità di stravizi dietro alla produzione musicale che mi ha accompagnato durante l’adolescenza. (Devo vergognarmi quando, lavorando al computer, ascolto in sottofondo qualche pezzo rock su YouTube?). Conserverò perciò i numerosi libri di Handke, non sistemerò certo qualche pila di volumi nel mastello della carta, né io li regalerò a qualche amico.

Non ho molti ricordi di quel bagno di sangue ma lessi alcune testimonianze di alcuni pacifisti italiani che frequentarono quella regione, poco prima che la situazione precipitasse. Era divenuto quello, nel giro di pochi mesi, un posto in cui le differenze di religione e quelle tra etnie, pesavano molto più che nel passato sulla civile convivenza. Sì, non c’entrarono solo i governanti locali o l’Europa che intervenne tardi e malamente per interrompere quei conflitti. Il disprezzo penetrò in modo molecolare in quella società: finirono per odiarsi tutti. (Succederebbe che cosa in Italia ai nostri giorni, se più persone seguissero il pensiero degli imprenditori politici della paura?)

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