Passo costantemente intorno a piazza
del Mercato nelle mie passeggiate e quel cantiere mi ha fatto capire un paio di
cose. (La prima). Ho compreso che il progetto appoggiato da Di Pangrazio – una
nuova pavimentazione – avrebbe prodotto la stessa situazione che abbiamo oggi
sotto gli occhi se attuato; per realizzarla sarebbe stato, infatti, necessario
uno scavo che avrebbe talmente maltrattato le radici dei restanti quattro
alberi – sugli otto di allora –, da doverli abbattere. È anche facile
chiedersi: chi è quell’impresario disposto a costruire dei tratti di un pavimento
secondo pendenze diverse? (La seconda). Piazza del Mercato una volta tirata giù
la cortina di fogliame che circondava la zona più interna su due lati, ha
lasciato apparire quel luogo per quello che è: uno spazio dalla scarsa qualità
architettonica. È repertorio da periferia, non da Quadrilatero. Mancano purtroppo
edifici e facciate di un certo pregio e altezza a costituire quello spazio; il lato nord doveva racchiudere
maggiormente. Non sono stato io, l’unico a ricevere questa poco gradevole sensazione
di povertà o almeno di mediocrità […]
Dopo l’abbattimento degli alberi rimanenti
sul lato nord di piazza Risorgimento, più di uno si accorse che quel posto era
meno ricco, denso di quanto lo aveva pensato per decenni. Era necessario un
tema collettivo (teatro, biblioteca, tribunale, ecc.) o un piano in più per far
meglio leggere quella piazza dalle dimensioni poco ortodosse per l’Italia, ma si
misero in mezzo – per ciò che concerne le altezze – le leggi del Regno da
rispettare in quel periodo: non più di due. Vi fu gente contraria al taglio
delle piante, anche in quell’occasione, per respingere in toto il restyling.
Tutto partì da chi temeva sia che i locali commerciali acquistati in quella
zona scendessero nel loro valore immobiliare sia una riduzione del loro potere decisionale
sul marciapiede e perfino sulla carreggiata davanti al proprio negozio –
considerato privato per consuetudine. Il centro-centro è imbalsamato da decenni
essenzialmente per questioni legate alla rendita, più che al lavoro, all’imprenditoria.
Sono perciò delle pose ideologiche, la paura del nuovo e il provincialismo
esibiti, sfoderare il recente ambientalismo da operetta – saggiato, per la
prima volta, contro il restyling di
piazza A. Torlonia. Era contraria anche Confcommercio che dichiarava «isola
pedonale» la parte superiore del progetto. (Nel senso: quella lì basta e avanza).
Fu il debutto della fallace equazione Architettura = Botanica o meglio,
Giardinaggio. […]
Mi è parso bizzarro che qualche connazionale
contemporaneo anziché utilizzare che so, gli affreschi della Cappella Sistina
(1508-12 e 1535-41), Le quattro stagioni
(1725), I promessi sposi (1827),
Lettera 22 (1950), per costruire la propria identità, l’abbia invece ancorata a
degli esseri viventi – di là della
loro particolare intelligenza. (4/5)
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