mercoledì 7 giugno 2017

4 way street 26

(‘We can be heroes, just for one day’). Ho accennato al fatto che i candidati, generalmente, ignorano la situazione locale (storia, luoghi, «giri», gruppi, persone), ma ne parlano e la cosa peggiore è che una volta eletti prendono anche le decisioni. Non finisce qui, perché vi sono anche delle persone che ignorano come va questa parte di mondo, in generale e da decenni.
Mi ha infastidito non poco l’ozioso intervento – anche sopra le righe – di Vittorio Di Genova (classe 1989) con cui si è intrufolato tra due persone che hanno ciascuna oltre il doppio della sua età, Sergio Galbiati e Mario Casale. (Di Genova dopo l’appoggio di Galbiati a De Angelis: “Attacchi vergognosi da parte di personaggetti della bassa politica”, in «AvezzanoInforma» 24 maggio 2017).
Il caso è spuntato da uno stralcio di una nota, pubblicata dentro una sorta di «pastone» firmato da Pino Veri per Il Messaggero che pubblico in via eccezionale trattandosi del cartaceo – voi non potete controllarlo, leggendo da un pc o uno smartphone. L’ex-sindacalista Cgil – uno che dovrebbe saperne più di molti altri di questioni legate all’occupazione – in detto stralcio cita le lodi del ministro Claudio De Vincenti alla nostra terra e ai suoi amministratori regionali per il superamento di alcune crisi nel settore produttivo. Lo stesso fa poi entrare in ballo Sergio Galbiati, che appoggia De Angelis anziché il sindaco uscente alle prossime Amministrative ma tutto ciò – a suo dire questa volta – non dipenderebbe da presunti screzi tra il manager e Di Pangrazio (1 e 2): «A me pare un piccolo alibi per giustificare una posizione politica regressiva e incoerente con le posizioni sempre sostenute da Galbiati». Il titolo era forzato in più versi – Casale: «Galbiati passato alla destra». (Bisogna dare credito – volenti, nolenti – a De Angelis quando afferma di essere un candidato civico). Una simile opinione di tipo politico – cui il diretto interessato, come prevedibile, non ha ribattuto pubblicamente – è stata considerata addirittura un attacco che meritava un’adeguata replica. Si poteva solo ribattere, considerando lo stralcio pubblicato, che le crisi degli stabilimenti citati da Mario Casale – Micron in particolare – non sono mai state risolte: è andata così? Abbiamo registrato chiusure di stabilimenti, tagli rilevanti del personale? Non si capisce perché Di Genova abbia anche sbagliato l’indirizzo delle sue contestazioni: doveva prenderla con il ministro anziché con un privato cittadino che ha riferito le sue parole. La risposta a base di retoriche d’annata (Berlusconi 1994), citazioni provenienti dalla nostra costa («dipangrazios», © Lilli Mandara) e lazzi pescati in modo maldestro dalle imitazioni di Maurizio Crozza, è stata sproporzionata ma è in ogni modo interessante per la mia tesi iniziale. («scomposti attacchi» e «bassa politica», sono modernariato).
Di Genova, tra l’altro, apostrofa Mario Casale ma senza nominarlo. (Sangue blu o antiche costumanze da profondo Sud?). Il candidato è lo stesso che così si era descritto in un’intervista: «Ho da sempre una passione per la politica, per la buona politica, quella fondata su ideali» (IlFaro24 19 maggio 2017). Nella cronaca locale del quotidiano romano è riportata anche l’attuale posizione politica di Casale: «Articolo1, movimento democratico e progressista». Galbiati nell’incontro in questione affermava anche: «mi ritengo una persona di sinistra», in M.C. De Blasis, “Realizzare ciò che è meglio non solo per se stessi, ma per il gruppo”: Galbiati, LFoundry, a colloquio con i giovani della coalizione De Angelis, in «AvezzanoInforma» 20 maggio 2017. È perciò una frizione, un contrasto tra due persone di una certa età appartenenti alla famiglia politica più vecchia del Continente; con tutto il rispetto: che c’entra un candidato, neanche capolista, di una lista civica – di uno sputo di città, tra l’altro –, ultronea ed effimera come Avezzano Rinasce in questa faccenda? Il bersaglio del comunicato in realtà è il sindaco uscente perché appunto, a detta di Galbiati citato da Di Genova: «Mai ho ricevuto o mi è stato chiesto un incontro con gli amministratori attuali». (Su TerreMarsicane del 23 maggio 2017 e AvezzanoInforma del giorno seguente). Il punto interessante è proprio questo secondo me.
Tutto ciò – piaccia o no – rientra tra le varie ma non infinite possibilità offerte dall’attuale congiuntura; il sindaco di un agglomerato di 42mila abitanti, può non filarsi – senza problemi politici, sociali o di coscienza – un «manager di livello internazionale», che ha nella sua storia personale un impianto che dà lavoro ad almeno 1200 dipendenti. Ergo: è stato sempre così? No. (Negli altri settori invece?).

C’è gente che giungeva da lontano in un posto dopo aver acquistato un’area; diboscava, bonificava, spianava il terreno, costruiva qualcosa che somigliava a una strada, dei capannoni e le fogne, portava i fili dell’elettricità e l’acqua, montava le macchine e iniziava a produrre. (Cent’anni fa e anche in precedenza). Assumeva e licenziava le maestranze secondo le esigenze produttive dell’azienda che aveva fabbricato materialmente e avviato. È necessario aggiungere a questo punto: impiegando i propri capitali. Non avevano certo bisogno di sindaci, né di ministri, sottosegretari, prefetti, legulei, vescovi, politicanti, faccendieri, maneggioni o facilitatori, simili personaggi per portare a compimento i progetti che coltivavano nella propria mente. Un sindaco poteva uscire dal municipio, recarsi ai cancelli di una fabbrica e bussare ma non era scontato che qualcuno lo facesse accomodare all’interno o addirittura, gli riservasse la gentilezza di fargli visitare lo stabilimento. D’altra parte, i braccianti del Fucino, gli operai della malteria, il sindaco in cui ricadeva una zona del vasto possedimento poteva attraversare la proprietà dei Torlonia e a proprio piacimento? Certo che no. È cambiato qualcosa da allora o è rimasto tutto identico? (4/6)

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